Il settore si sta avvicinando sempre di più a una paralisi produttiva a causa dell’incertezza legislativa riguardante lo smaltimento dei residui di lavorazione noti come “marmettola”, e dell’interpretazione variegata delle norme da parte delle diverse istituzioni coinvolte.

Recentemente, il Comune di Massarosa ha ottenuto una vittoria legale contro Nuova Cosmave spa in quattro ricorsi presentati dalla società presso il TAR. Questi ricorsi riguardavano l’utilizzo della marmettola come materiale di riempimento nell’ex cava del Brentino, una pratica a cui l’amministrazione comunale si è sempre opposta a causa dei possibili danni ambientali. Tuttavia, la decisione del Comune di Massarosa sembra essere difficile da comprendere, poiché Nuova Cosmave S.p.a., con il sostegno di Confindustria Toscana Nord, ha dedicato anni allo studio delle possibilità di utilizzare il residuo di lavorazione dei materiali lapidei come sottoprodotto. L’azienda ha collaborato con la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e con la Facoltà di Agraria – Dipartimento Scienze della Terra – dell’Università di Pisa per condurre ricerche su questo tema. Molte aziende del settore hanno apportato modifiche significative ai loro processi interni per migliorare la qualità del residuo prodotto. Queste modifiche includono l’adozione di nuove tecniche di recupero delle acque di processo, l’eliminazione delle sostanze chimiche, la sostituzione degli oli minerali con oli sintetici e la pulizia approfondita delle attrezzature utilizzate per la lavorazione, al fine di rimuovere ogni traccia di idrocarburi. Questi sforzi hanno consentito di ottenere un residuo fangoso pulito, composto esclusivamente da frazioni fini di marmo, granito e pietra.

Nonostante i numerosi tentativi di valorizzare questo materiale, che può risultare privo di sostanze inquinanti e adatto a molteplici possibilità di riutilizzo, i risultati sperati non sono stati raggiunti. Di conseguenza, la maggior parte delle aziende del settore è costretta a gestire i residui come rifiuti speciali, con grandi difficoltà nel trovare opportunità di utilizzo e un impatto ambientale maggiore.

In Toscana, il problema sta diventando sempre più urgente, poiché anche le principali destinazioni per lo smaltimento di questi materiali sono bloccate. Un esempio è la vicenda di VENATOR a Scarlino, che non sembra avvicinarsi a una soluzione. Le aziende, tramite Confindustria Toscana Nord, stanno richiedendo un incontro con i rappresentanti del Ministero dell’Ambiente e dell’ISPRA per discutere delle problematiche e cercare soluzioni adeguate. È fondamentale affrontare l’incertezza legislativa e garantire un’interpretazione chiara delle norme al fine di consentire al settore di gestire i residui di lavorazione in modo efficiente, riducendo l’impatto ambientale.